L’innovazione è sempre una spinta al cambiamento, ma quando il cambiamento richiesto è quello dello sguardo personale sulla vita e sulla tecnologia diventa quasi un percorso di conversione. Questo sostengono i giovani che gestiscono l’Interactive Institute, uno spazio libero dove la creatività è preceduta dalla consapevolezza. Sì perché non si può immaginare di trasformare piccoli frammenti del quotidiano senza sapere come orientarli.
Il primo passo, dicono all’Interactive Institute, è riflettere sulle abitudini di vita, su ciò che potremmo cambiare subito e da soli e su ciò che invece richiede un percorso corale e condiviso. «Se devi affrontare un laboratorio per migliorare la qualità della tua vita –spiegano- inizia a chiederti quali abitudini sbagliate hai già assunto». Un percorso di consapevolezza, quindi, ancor prima che di trasformazione attraverso l’elettronica.
All’Interactive Institute si gioca: con i led, con la realtà immersiva e tridimensionale con i segway, con i cobi sonori e la coltivazioni idroponiche. Nessuno dei tutor è preoccupato delle conseguenze delle sperimentazioni: fanno parte del percorso di apprendimento agli gli sbagli e le imperfezioni. L’Institute lavora per il governo, per l’esercito, per gli artisti e anche per la Chiesa luterana. «Ci hanno chiesto –spiegano con orgoglio, di progettare un sistema elettronico che generi il suono di un organo o di un’intera orchestra modulata sulla voce del cantore che intona l’inno. Questo per sopperire alla mancanza di organisti e volontari all’interno delle chiese!».
Certo, verrebbe da suggerire anche alle Chiese un po’ più di presa di coscienza piuttosto che una corsa a riempire con la tecnologia ciò che è stato svuotato di presenza.
Marco Sanavio
inviato Weca ad #ecic21 (www.ecic.mobi)