Incontri
di don Paolo Padrini, consigliere WeCa
L’ambiente digitale rappresenta oggi una vera e propria “terra di missione”, un terreno dove seminare il bene.
Un luogo dove – come ha invitato Papa Leone durante il Giubileo dei Missionari digitali – c’è bisogno oggi più che mai di essere “discepoli missionari”.
La missione della Chiesa vive la consapevolezza che l’annuncio del Vangelo si incarna in ogni cultura restando sempre ad essa eccedente. Per questo vive con decisa tenacia la sfida di una missione evangelizzatrice nel mondo digitale.
Ha detto ancora Papa Leone XIV rivolgendosi ai Missionari digitali: “La scienza e la tecnica influenzano il nostro modo di essere e di stare nel mondo, fino a coinvolgere persino la comprensione di noi stessi e il nostro rapporto con gli altri e con Dio. Ma niente che viene dall’uomo e dal suo ingegno deve essere piegato sino a mortificare la dignità dell’altro. La nostra, la vostra missione, è nutrire una cultura di umanesimo cristiano, e di farlo insieme. Questa è per noi la bellezza della “rete”.
Una bellezza fondata sulla speranza certa nella continua opera del Signore che ispira i cattolici nel digitale, nella convinzione che nessun ambiente possa essere privato della “carezza” della sua grazia, nell’incontro con Lui.
Il recente Giubileo dei Missionari digitali ha sottolineato con forza questo concetto, anche attraverso la parola di Mons. Lucio Ruiz, Segretario del Dicastero per la Comunicazione che ha detto: “Bisogna essere coscienti che chi ci ha chiamato alla missione digitale è il Signore, fonte di tutti i doni che abbiamo”.
E ancora oggi, a conclusione dell’evento, il Santo Padre ci ha ricordato che siamo chiamati ad essere “agenti di comunione”, capaci di contrastare l’individualismo e l’egocentrismo con lo sguardo fissato su Cristo.
Cristo e la sua Parola sono il cuore della nostra azione pastorale e proprio questo ci obbliga a ridefinire le nostre priorità, seguendo la logica evangelica ed evitando le scorciatoie di modelli mondani. In sostanza si tratta di fare della Rete il luogo del “tu” dell’altro e dello sguardo riconoscente piuttosto che una vetrina di un certo narcisismo patologico o di ingenue pratiche di ipotetica pastorale: uno “sguardo altro”, come quello di Gesù, che penetra oltre la superficialità e l’effimero per raggiungere il cuore dei fratelli. Questo sguardo si concretizza in una mano tesa, che sostiene l’altro lungo un cammino di crescita e conversione.
La Tentazione della Vanità VS Cristo unico Salvatore
In un contesto dove la visibilità e l’ascolto (in questo contesto non possono esistere l’esibizione e le parole gridate) costituiscono parametri dell’efficacia comunicativa, emerge una verità cruciale: prima di essere “influencer”, siamo “influenzati” – e il primo “influencer” possiamo dire in maniera iperbolica e anche un po’ paradossale – della nostra vita deve essere Gesù Cristo. La vanità che si manifesta nel mettere noi stessi al centro, trova la sua unica cura in Cristo.
Questa dimensione ”vanitosa” che lascia noi stessi al centro, alimenta una visione ed un uso dei social come una sorta di permanente specchio o di palcoscenico di sé. In questo modo si rischia di immaginare automaticamente la connessione come relazione e i followers come comunità. Nulla di più lontano dalla visione cristiana ed ecclesiale. Nella comunità noi celebriamo l’unità delle differenze, unità data dal fatto che siamo in Cristo figli adottivi e se siamo figli siamo anche fratelli. Per questo nella comunità cristiana ed in ogni ambiente comunicativo nel quale essa si manifesta, il protagonista è il Signore Gesù. Per questo le nostre relazioni possono essere fraterne e non, al contrario, rischiare di essere animate da bullismo o cybergviolenza.
Ricordando la pagina evangelica dell’episodio di Marta e Maria che spesso viene compreso come la messa in guardai di un eccessivo fare; dobbiamo invece rileggerla proprio a partire dalla tentazione più grande dell’ipertrofismo dell’io. Gesù non rimprovera Marta per il servizio ma perché non ha compreso l’accoglienza prima di tutto di Lui, il Maestro. Le parole di lamento di Marta fanno riferimento a “mia sorella”, “mi aiuti”. Cioè Marta fa notare a Gesù cosa non va di Maria secondo il suo giudizio tutto centrato sul sé. A differenza di Nicodemo che anche lui ha accolto in casa Gesù e ha mostrato a Gesù cosa non andava bene in lui. Maria ha compreso che con Gesù ogni cosa, ogni mentalità cambia. Nel cuore di ragazzi e ragazze influencer colmo dell’amore di Gesù, le relazioni cambiano e non puntano più sull’io ma sul noi.
Il vero antidoto alla vanità consiste nel nostro essere chiamati a “sparire” come protagonisti, per fare emergere Cristo. Non siamo i personaggi principali della comunicazione digitale, ma strumenti trasparenti attraverso cui la Sua luce può brillare. Quando permettiamo al nostro io di dissolversi nell’amore di Cristo, la nostra presenza online diventa un canale autentico attraverso cui Cristo stesso può raggiungere i cuori.
L’Identità dei Missionari Digitali
Ecco la nostra specificità: essere nel digitale missionari che conducono a Cristo. Non trasmettiamo un messaggio che ha noi stessi al centro o un’ideologia. La nostra testimonianza, la verità di noi che viviamo in Rete, può suggerire alle persone l’urgenza e il fascino dell’incontro con una Persona, il Risorto, presente nella Sua Chiesa.
Essere “influenzati” da Cristo comporta l’accoglienza della Sua presenza, il nutrimento attraverso la Sua Parola e la costruzione di una relazione autentica con Lui. È questa relazione che modifica la nostra comunicazione, conferendole trasparenza. Quando Cristo diventa la sorgente dei nostri pensieri e il Cuore del nostro cuore, tutto in noi si trasforma in trasfigurazione della Sua persona.
Nel Giubileo appena vissuto Padre Antonio Spadaro ha ricordato come occorra essere non luminosi come la luce artificiale ma “bruciare” di un fuoco che si contagi nella rete. Proseguendo con questa immagine possiamo dire che il nostro “ardere” è possibile – ed ha senso – solo se la fiamma che lo alimenta è l’amore di Cristo per noi.
L’Approccio della Comunicazione Digitale Cristiana
Come sottolinea il Papa, l’approccio della nostra comunicazione digitale dovrebbe manifestare una “pace disarmata e disarmante”. Questo si concretizza autenticamente solo quando è la Pace di Cristo quella che abitiamo nel nostro cuore. È la Sua pace che diventa la caratteristica distintiva del nostro comunicare nel mondo digitale, vivendolo con “intensità evangelica”.
Quando la Pace di Cristo dimora in noi, la nostra comunicazione diventa non violenta, non polemica, non autoreferenziale, ma umile e perseverante. La fiducia rappresenta la chiave che schiude le porte al Vangelo.
Siamo invitati a fungere da fermento online: edificare anziché dividere; curare anziché giudicare. Le nostre narrazioni digitali devono scaturire da una profondità spirituale, non da una ricerca di consenso o visibilità.
L’Incontro Salvifico nell’Ambiente Virtuale
Nell’universo digitale siamo chiamati a testimoniare la possibilità di un incontro che salva: l’incontro con Cristo, che aspira a raggiungere ogni cuore, nel reale o nel virtuale. La nostra azione missionaria trae origine da un’esperienza di amore che ci ha raggiunti, perdonati e guariti. Solo dopo aver vissuto questo incontro potremo essere riflesso della Sua luce nel mondo digitale, portando concretamente la Sua presenza, che raggiunge e tocca le persone veramente, in un ambiente spesso caratterizzato da una “vicinanza indifferente” o da una “socialità solitaria”.
Il Riconoscimento Ecclesiale
È in questo quadro che la Chiesa celebra il Giubileo dei Missionari Digitali e degli influencer cattolici. Non è semplicemente un evento, ma un momento in cui la Chiesa manifesta il suo profondo “grazie” a tutti coloro che, attraverso impegno, generosità e fantasia, hanno trasportato la fede nell’immenso mondo digitale e anche un momento di presa di responsabilità perché le reti sociali non diventino occasione di delazione, di “fratricidio digitale” ma siano abitate come comunità che ha al centro il Fratello che ci rende “fratelli tutti”, il Maestro, Cristo Gesù.
Da decenni, la presenza ecclesiale in questo spazio si articola in forme molteplici, dalle strutture istituzionali alle espressioni più libere e personali, tutte testimonianza sincera dell’accoglienza della Parola del Signore. La generosità nel “donarsi al mondo” attraverso percorsi innovativi rappresenta un bene prezioso quando nasce da un sincero afflato evangelico. Il Giubileo costituisce l’opportunità per consolidare questo patrimonio di passione e professionalità intorno al tema della speranza.
Questo ci preserva dalla tentazione di diventare protagonisti di una “nostra” storia che propone salvezze effimere, orientandoci verso la via del Vangelo accolto e condiviso in spirito di gratuità. Nel mondo digitale testimoniare Cristo costituisce una responsabilità, ma anche un motivo di continuo ringraziamento a Lui.
Foto Calvarese/SIR
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