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[Libro] “La scala e il tempio. Metodi e strumenti per costruire comunità con le tecnologie” a cura di Pier Cesare Rivoltella

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13 Marzo 2021
[Libro] “La scala e il tempio. Metodi e strumenti per costruire comunità con le tecnologie” a cura di Pier Cesare Rivoltella

Dal Cremit

La casa editrice FrancoAngeli ha appena pubblicato il nuovo libro curato da Pier Cesare Rivoltella La scala e il tempioMetodi e strumenti per costruire comunità con le tecnologie. Il titolo si riferisce a un passo di Cittadelle di Antoine de Saint-Exupéry, che Adriano Olivetti riprende e colloca a esergo del suo saggio Il cammino della comunità del 1953. Rivoltella, infatti, nel suo libro considera la scala come uno strumento in grado di portarci dentro il tempio, che a sua volta simboleggia una tecnologia in grado di costruire comunità, affermando che:

Oggi come allora il “tempio” – la comunità, il legame, la relazione, i valori – abbia bisogno di una “scala” che conduca lì le persone per non restare vuoto. La nostra ipotesi è che la scala possa essere la tecnologia pensata come tecnologia di comunità.

Il testo è il risultato di un lavoro collettivo, frutto del gruppo di lavoro permanente DE.CI.DI. (Definirsi Cittadini Digitali), composto da collaboratori di Cremit dell’Università Cattolica, di Steadycam della ASL CN2 Alba-Bra e della cooperativa teatrale Industria scenica di Pioltello), che ha l’obiettivo di studiare i comportamenti non conformi nell’ambito e attraverso i media digitali e proporre percorsi di educazione preventiva con metodologie integrate. Nel libro sono infatti presenti i contributi, scritti a più mani, di Michele Marangi, Marco Rondonotti, Stefano Pasta, Alessandra Carenzio, Sara Lo Jacono, Isnaba Miranda, Andrea Veronelli, Emilio Ghittoni, Matteo Mancini, Eleonora Mazzotti, Valentino Merlo, Rosaria Pace, Gianluca Braga, Gianna Pasquero e Giuseppe Masengo.

destinatari del libro sono educatori, psicologi, psichiatri e assistenti sociali che operano nel campo della prevenzione e della cura con le diverse età della vita, desiderosi di progettare con le tecnologie di comunità.

Come scrive Rivoltella nella sua Introduzione su Tecnologia e relazione. Presupposti per una nuova cultura della prevenzione: “Il problema non è lo strumento, ma il suo funzionamento individuale e sociale, l’appropriazione che ne fanno i soggetti, quel che succede “tra” i soggetti e il dispositivo.” E aggiunge: “Non si possono pensare le tecnologie di comunicazione se non anche nella prospettiva della loro capacità di incidere sul nostro modo di costruire e mantenere relazioni.”

Da questa doppia consapevolezza – i media sono nelle nostre vite e si fanno tramite delle nostre relazioni, in positivo o in negativo – derivano due conseguenze su cui questo volume si costruisce.

La prima conseguenza è che oggi gli operatori socioeducativi e socio- sanitari non possono non sviluppare competenze sui media. Non svilupparle significherebbe rinunciare a conoscere non qualcosa di tecnico sui dispositivi, ma qualcosa di psicosociale sul target del proprio lavoro di prevenzione o di cura. Se si comprende fino in fondo il legame che tiene insieme media e relazioni oggi, allora si comprende anche che quando si lavora sui media si lavora, sia a livello di prevenzione che di cura, su uno snodo sensibile delle nostre vite. Questo comporta una ridefinizione profonda del profilo di competenza di figure – psichiatri, psicologi, assistenti sociali, educatori – tradizionalmente non abituate a includere tra i propri saperi professionali la semiotica, l’analisi dei media, la sociologia dei consumi, la media education. Serve una nuova cultura della prevenzione e della cura che si ripensi seriamente sulla base della consapevolezza che i media non sono oggi un aspetto che si può scegliere di considerare o meno, ma il vero e proprio orizzonte del loro intervento. Questo è di sicuro il primo obiettivo di questo libro: gettare le basi per iniziare a pensare una prevenzione 2.0 e una cura 2.0.

La seconda conseguenza è che, se i media svolgono naturalmente una funzione relazionale nei contesti di vita quotidiana delle persone, cono- scere quello che succede attorno alle tecnologie nell’informale sociale può servire a guidare i processi. Se capisco attraverso quali dinamiche i media digitali possono isolare o contribuire a costruire relazioni, posso individuare i fattori da stressare per minimizzare la tendenza isolante e massimizzare quella relazionale. La prevenzione, come la cura o l’inter- vento di animazione sociale, possono trovare un valido supporto nella possibilità di governare i media orientando i soggetti a usarli in un cer- to modo. Grazie alle tecnologie digitali, usate in un certo modo, si può costruire (o ricostruire) la comunità. Su questa convinzione ho messo a fuoco la prima idea di un paradigma di intervento che non ho trovato niente di meglio che chiamare “Tecnologie di Comunità” (2017). In que- ste pagine l’obiettivo è di sviluppare l’idea alla base di questo paradigma per trasformarlo in metodologia di intervento, con le indicazioni operative e gli strumenti che possono servire all’operatore per mettersi a lavorare in questa prospettiva.

Qui, di seguito, l’Indice con i titoli e gli autori dei vari contributi e la chiara tripartizione delle Sezioni del volume in:

  • Sfondi – sul concetto di comunità e tecnologie di comunità
  • Metodo – con le varie fasi di progettazione
  • Tecniche e strumenti – per le pratiche comunitarie
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