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Raccontare e fissare nella memoria. La vita si fa storia

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28 Maggio 2020
Raccontare e fissare nella memoria. La vita si fa storia

di Andrea Tomasi

Il Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali 2020 assume come tema un versetto del libro dell’Esodo: «perché tu possa raccontare e fissare nella memoria di tuo figlio e del figlio di tuo figlio i segni che ho compiuti: così saprete che io sono il Signore!» (Es 10,2). In questo tempo di istantaneità dominata dalla tecnica, il semplice richiamo alla saggezza antica costituisce un momento di sospensione della corsa, una sosta per riflettere sulla nostra vita. Non si tratta però di un estraniarsi da ciò che accade, piuttosto è un soffermarsi a considerarlo da un punto di vista più meditato e ricondurre ogni cosa alla sua origine essenziale: “io sono il Signore”.

Anche se le tecnologie e l’ambiente della rete non sono presenti esplicitamente, ci sono alcuni aspetti del Messaggio che richiamano il mondo tecnologico in cui viviamo: la comunità, la memoria, il racconto.

«Desidero dedicare il Messaggio di quest’anno al tema della narrazione, perché credo che per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone: storie che edifichino, non che distruggano; storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme. Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita. Una narrazione che sappia guardare il mondo e gli eventi con tenerezza; che racconti il nostro essere parte di un tessuto vivo; che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri.»

E’ presente nel Messaggio, in continuità con il tema dello scorso anno, il significato vitale dell’essere parte di una comunità, anche se sempre più la comunità si realizza nel “mondo parallelo” della rete, come abbiamo constatato in questi ultimi due mesi. Una comunità viva si costruisce intorno a una identità trasmessa attraverso la storia delle sue radici e la testimonianza di un Amore che trasforma la vita.

La comunicazione contemporanea, che tende a sostituire la narrazione della rete alla storia delle persone, rappresenta una sfida ad usare la rete, o meglio “a stare” nella rete, con verità e con carità, per non mostrare immagini falsate o deformate, per non pronunciare parole violente e giudizi ingiusti e fuorvianti.

La “memoria” affidata alla rete, sepolta nel “cloud” da cumuli di notizie, viene estratta da motori di ricerca e presentata attraverso “filtri” che noi non controlliamo.  La sfida si fa più complicata. In rete è conservato ogni sapere, e ogni informazione può essere ritrovata, a patto che si segua il filo di un giusto criterio per formulare le domande, mentre ogni risultato andrebbe “validato” da una lettura sapienziale, da un discernimento competente.

Già si affacciano, nel nostro futuro prossimo, macchine che “auto-apprendono” e algoritmi che analizzano grandi quantità di dati per suggerirci quale decisione assumere, o per prendere direttamente decisioni sulle azioni da compiere. Il collegamento tra memoria, comunicazione e scelta potrà in tal caso essere sottratto al controllo umano, per essere affidato solo alla “narrazione”, cioè al programma, del tecnico progettista e dell’azienda produttrice.

Possono sembrare problemi inevitabili, compensati dal beneficio di una conoscenza pressoché infinita, oppure, nel caso peggiore, aggirabili con una semplice formazione tecnica all’uso competente degli strumenti.

Ma è forse necessario un impegno educativo che ci conduca ad un livello più profondo di comprensione di quanto ci sta accadendo intorno. Provo a farlo prendendo a riferimento Daniel Kahneman, psicologo, premio Nobel per l’economia nel 2002 per i suoi studi sui processi decisionali, che ha esaminato in particolare i meccanismi di memoria e di esperienza legati alla sfera intuitiva, quella del pensiero veloce, e a quella razionale del pensiero lento. I suoi studi sono illuminanti sulla prevalenza dell’intuizione mnemonica sulla razionalità esperienziale, sulle illusioni cognitive, sull’influenza dell’economia comportamentale e della sua versione di “paternalismo liberista” nell’orientare le scelte personali e nel progettare il benessere collettivo, ad esempio in ambiti come la sanità e il welfare. 

Significativamente, il suo libro di successo “Pensieri lenti e veloci” contiene un capitolo intitolato “la vita come storia”: il ricordo produce una narrazione più forte rispetto all’esperienza fatta, tanto che la vita che ricordiamo è fatta delle storie che abbiamo costruito per dare senso al nostro passato, più che a progettare le nostre scelte future. Proprio per questo le decisioni prese sulla base della nostra intuizione mnemonica possono esprimere le competenze acquisite, ma in moltissimi casi producono invece scelte non riflessive e razionali.

Le modalità di funzionamento dell’ambiente tecnologico rafforzano il prevalere della sfera mnemonica su quella esperienziale, in modo da condizionare più facilmente le decisioni individuali, e le azioni delle grandi organizzazioni, sia istituzionali che commerciali, si avvalgono del potere strumentalizzante della tecnologia per “modificare, predire, monetizzare e controllare il comportamento delle persone”, in un modo completamente nuovo rispetto al passato, secondo l’analisi di Shoshana Zuboff nel suo volume “Il capitalismo della sorveglianza”.  

Occorre pertanto recuperare, secondo l’invito del Messaggio, la memoria della nostra storia, presentandola a Dio perché Egli renda la nostra narrazione “significativa”, cioè capace di segni di autenticità e di amore. In questo modo potrà essere purificata anche la “narrazione” che dalla rete si diffonde sulle singole persone e sui rapporti sociali ed economici.

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