Pillole

Scuola a distanza, ricordi e prospettive. Con Daniela Romio, studentessa

Pillole

3 Marzo 2023
Scuola a distanza, ricordi e prospettive. Con Daniela Romio, studentessa

di Pasquale Gallo

con Daniela Romio, studentessa

Marzo 2020, pandemia mondiale da Covid-19. Le attività didattiche svolte in presenza, nelle scuole di ogni ordine e grado, si interrompono. Daniela frequenta il quarto anno del Liceo Scientifico e si trova catapultata in un mondo che non conosce e che, forse, pensa non le appartenga. Tanti luoghi comuni pervadono le pagine del web e le prime pagine dei giornali: la scuola a distanza non è una vera scuola, i ragazzi hanno bisogno della presenza altrimenti i risultati nell’apprendimento sono scarsi, la didattica a distanza non ha senso e valore. 

Intervisto Daniela in un giorno di festa. È dicembre 2021, ora frequenta il primo anno di Economia alla Bocconi di Milano, è una studentessa brillante e motivata. Scopro il suo punto di vista, i vantaggi e i rischi delle attività didattiche svolte a distanza e le chiedo consigli per il futuro.

 

Cosa ricordi del tuo primo giorno in DAD?

Ricordo soprattutto l’inconsapevolezza. In quei giorni, così sfuggenti e confusi, ognuno di noi era completamente inconsapevole della realtà che di lì a poco avrebbe affrontato. Tutto ciò che vivevo mi sembrava passeggero, una sensazione che ancora mi accompagna nella vita di tutti i giorni, anche se con un’intensità minore.

 

Come è andata all’inizio?

Inizialmente, era come se ogni giorno trascorresse senza ragion d’essere poiché non riuscivo a riempire le mie giornate come ero solita fare, mi limitavo a studiare tanto e rilassarmi un po’, cosa per cui nella mia vita frenetica non ero mai riuscita a ritagliare uno spazio. Con il trascorrere delle settimane, la mia vita si svuotava sempre di più dei rapporti umani riempendosi, però, di nuove modalità per cercare di mantenere attiva la nostra vita sociale “asocialmente”. Noi giovani le abbiamo provate tutte per sentirci l’uno vicino all’altro anche da lontano.

 

Come è stato l’approccio dei professori?

All’inizio, non rendendosi conto anche loro di come quella situazione si sarebbe mostrata permanente, mettevano in secondo piano le conseguenze che si sarebbero presentate a seguito di così tanto tempo davanti ad un computer. A primo impatto, non era poi così pesante, ma col tempo, passare tutte quelle ore davanti al computer era diventato nocivo per tutti noi; per fortuna, i professori si sono mostrati comprensivi e durante le ore di DAD cercavano anche modi per rendere le lezioni più interattive e dinamiche. Ricordo, in particolar modo, che nei giorni prossimi alla Pasqua, la nostra prof di filosofia ci invitò a scrivere un pensiero in termini kantiani sul nostro stato d’animo. È stato emozionante condividerle. 

 

I rapporti con i tuoi compagni hanno subito variazioni?

Sicuramente, essendo nel cuore della nostra adolescenza, l’assenza di relazioni interpersonali ha portato a un iniziale deterioramento dei rapporti con i miei compagni subito ripresi grazie all’apprendimento dell’utilizzo di tutti i mezzi tecnologici che aiutano le relazioni a distanza a crescere, finora sconosciuti per mancanza di interesse in essi. Solo grazie alla nostra volontà di “avvicinarci” l’uno all’altro il più possibile siamo riusciti a salvare e riaggiustare i nostri rapporti che inevitabilmente avranno sempre una ferita non rimarginata del tutto, anche e soprattutto a causa del fatto che dopo un’estate ci si è trovati nella stessa situazione e quasi scocciati di affrontare di nuovo la stessa storia. In questo primo approccio alla pandemia, le relazioni con i miei compagni si sono mantenute intatte grazie ad una speranza di non ritorno alla stessa vita che si stava conducendo, mentre si sono maggiormente forgiati quando ognuno di noi ha compreso che non c’era nullo di sicuro in ciò che si stava vivendo.

 

Cosa ti è mancato di più?

Le risate contagiose dei miei compagni dopo che uno di loro ha interrotto una lezione che stava risultando prolissa e noiosa con una battuta, oppure la palestra della mia scuola colma di ragazzi pronti a interagire tra di loro durante un’interessante assemblea in merito ad argomenti di attualità.

 

Cosa hai imparato?

Ho imparato che ciascun momento che riempie un singolo giorno della nostra vita va vissuto a pieno, percependo ogni sensazione che lo caratterizza, senza mai dare nulla per scontato, rendendosi conto che una stretta di mano inizia ad una nuova realtà che si sta quasi per incontrare, un abbraccio porta con sé un avvolgente senso di appartenenza al genere umano, un bacio rappresenta il fiducioso abbandono tra due anime. 

 

Dopo due anni e molte esperienze nuove, cosa senti di dire?

La prima cosa che mi viene da dire è che se qualcuno in quel momento mi avesse chiesto se avessi potuto ritenermi capace di sintetizzare la mia vita, così frenetica fino a qualche giorno prima, in quattro mura e ridurre le mie giornate ad ore infinite davanti a un computer sicuramente la mia risposta sarebbe stata negativa. A poco a poco, però, le mie abitudini sono cambiate, fare didattica integrata mi ha anche permesso di organizzare meglio la mia vita, selezionando le cose più importanti, riuscendo ad usufruire di ogni minuto delle mie giornate per fare qualcosa di utile. Sono stata capace di scorgere le emozioni dei miei compagni anche davanti a uno schermo, ho imparato a prestare attenzione alle piccole cose, alle parole non dette, agli sguardi assenti sulle videocamere accese dei miei amici su Zoom. La didattica a distanza, inoltre, mi ha dato modo di capire come ogni materia studiata a scuola fosse importante per affrontare le situazioni che la vita ti presenta e come niente nel mondo, neanche una pandemia, possa cambiare l’istinto primo dell’umanità: la relazione con l’altro.

 

Se dovessi dare un consiglio a uno studente che deve approcciarsi alla DAD, cosa gli diresti?

Non prendere la DAD come una perdita di tempo, un espediente per poter scrollare i social mentre la prof è attenta a spiegare una materia che poco ti interessa; alza gli occhi, poni attenzione a ciò che dice, a quanto amore impiega nell’esprimerti un concetto sperando che ti possano arrivare le stesse sensazioni che lei da giovane provava studiandole. Scoprirai un mondo nuovo e bellissimo.

 

E ai docenti cosa diresti?

Direi di fidarsi dei loro alunni, di non condannarli per il poco studio, ma di indagare intorno alle motivazioni che li portano a non concentrarsi durante una lezione oppure a non essere preparati per un’interrogazione. Quasi mai noi ragazzi comprendiamo che il mondo oltre la scuola è pronto a metterci da parte e a distruggere i nostri sogni se noi non li riconosciamo e rincorriamo con caparbietà; questo aspetto con la pamdemia è diventato ancora più evidente: si selezionano i migliori, coloro che non perdono tempo e non si lasciano distrarre, perdendo di vista così tutte le esperienze che vanno oltre la carriera lavorativa. Maestre e maestri, professori e professoresse oltre ad insegnare la vostra materia, cercate di trasmettere ai vostri alunni i valori dell’humanitas e della gentilezza, che tanto hanno fatto la differenza in questo periodo, ma soprattutto fate capire ai ragazzi che credono poco in se’ stessi, quanto sia importante, in un mondo così frenetico, individuare e perseguire i propri sogni, rendendoli soprattutto consapevoli che il fallimento è parte integrante del cammino di vita di ciascuno di noi che dobbiamo essere sempre pronti ad accogliere il cambiamento, che tanto sta caratterizzando questi anni.

 

Meglio la scuola in presenza o a distanza?

La scuola in presenza, ovviamente, ha delle peculiarità che la scuola a distanza non potrà mai attribuirsi, legate propriamente ai 5 sensi: gli sguardi complici tra noi compagni, gli abbracci con le mie amiche, l’odore di primavera che entra dalla finestra aperta, la merenda che ha un altro gusto se condivisa con gli altri. La didattica a distanza però ci ha dato modo di scoprire nuovi modi di imparare, di memorizzare i concetti che sono stati molto utili quando si è tornati in presenza è che hanno reso l’insegnamento e l’apprendimento più efficaci e significativi. In altre parole, essersi abituati alle nuove piattaforme didattiche, in presenza ci ha permesso di formulare nuovi modi per imparare meglio, mappe interattive, powerpoint dinamici su cui i prof impostavano le loro lezioni.

 

Cosa si potrebbe fare con le tecnologie in presenza?

Integrarle con le tecnologie utilizzate in DAD, usufruendo di tutti i metodi interattivi di cui si faceva uso da remoto. Parlo ad esempio dell’introduzione di videolezioni con approfondimenti di attualità che la prof nelle ore che ha disponibili in classe non ha avuto modo di trattare, oppure dare modo agli studenti di rivedere lezioni a cui magari non hanno partecipato attivamente tramite progetti postati sulle piattaforme didattiche dai prof, o, ancora, scegliere un giorno della settimana in cui, come io usavo fare in DAD, uno degli alunni riassumesse con mappe interattive oppure immagini e fotografie gli argomenti studiati durante la settimana.

 

Il senso della distanza…

La distanza concede all’uomo di schiarirsi le idee, di comprendere la sua propria essenza, di dialogare con se stesso con il quale magari fino ad ora non aveva costruito alcun rapporto, troppo impegnato a ricostruire rapporti ormai distrutti. Lei svuota le nostre giornate dalla mano umana, ma le riempie di domande alle quali fino a quel momento non abbiamo avuto il coraggio di offrire risposta, troppo impegnati a rincorrere un mondo materialista, frivolo e che saturava tutto il nostro tempo con discorsi superficiali e quasi inutili. La distanza ci ha permesso di avvicinarci alle nostre verità e di farci diventare finalmente autentici.

 

Il senso della presenza…

La presenza permette di intrecciare vite finora sconosciute, di conoscere la vastità e varietà del genere umano, di comprendere come l’uomo non serva a niente se non si rapporta con l’altro. La presenza arricchisce la nostra essenza la riempie di sorrisi da cui imparare, di bronci su cui indagare e di sguardi che chiedono aiuto. Permette all’uomo di apprendere lezioni di vita da incontri casuali comprendendo che ognuno ha dei valori da trasmettere e soprattutto esperienze che devono essere raccontate e, quindi, ascoltate.

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