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Di Andrea Tomasi, consigliere WeCa, sul sito www.sanbernardinomolfetta.it
Quando scriviamo sulla pagina di un sito web, o nel nostro profilo in una piattaforma di comunicazione social, è abbastanza naturale che adottiamo il linguaggio e le forme espressive a cui siamo abituati. Se siamo attenti, cerchiamo di distinguere tra il modo usato nel parlare e quello proprio della scrittura.
In rete, però, non si può trascurare il fatto che ogni piattaforma ha un proprio modello comunicativo e richiede un linguaggio appropriato, se si vuole che la comunicazione abbia efficacia. Nella rete la comunicazione seria e con contenuti significativi deve conquistare visibilità nel mare delle comunicazioni di puro intrattenimento o che si propongono solo di coinvolgere le persone nella permanenza dentro le diverse piattaforme.
È fondamentale avere un progetto comunicativo, cioè una chiara idea di che cosa si vuole comunicare, a chi e in quale modo. Occorre conoscere le tecniche per ottenere visibilità per raggiungere i destinatari della comunicazione parrocchiale. Un utile riferimento al riguardo è il sito dell’Associazione Web Cattolici (weca.it), che pubblica tutorial e notizie sulla presenza digitale della comunità cristiana.
Il linguaggio della rete
Nella rete il problema di comunicazione più importante è quello di “catturare” e mantenere l’attenzione di chi legge, che è distratto dalle altre attività che svolge e dal diluvio di messaggi e notizie segnalati dalle notifiche, che inducono a passare da un argomento all’altro senza dedicarsi in particolare a nessuno. Per questo prevalgono i messaggi “urlati”, con toni sensazionalistici o paradossali, con abbondante uso di immagini e di sottofondo sonoro.
Nella rete l’attenzione è richiamata dalla forma della comunicazione, mentre il contenuto arriva solo successivamente. Non va trascurato il fatto che le persone che frequentano i social e il web hanno esperienze e visioni culturali diverse. Ogni gruppo si raccoglie sui social o intorno a un sito web in base ai propri interessi specifici. Una comunicazione “generalista”, cioè rivolta ad un pubblico ampio e per molteplici argomenti, deve differenziarsi in maniera opportuna.
Questo succede anche nella comunicazione parrocchiale, che si rivolge a persone con vari livelli di coinvolgimento nella vita della comunità, e con interessi diversi riguardo alle varie attività parrocchiali. È indispensabile, per chi comunica in rete, avere padronanza delle tecniche di comunicazione e dei linguaggi più adatti per il pubblico a cui ci si rivolge.
Il modello comunicativo
Un sito web ha carattere prevalentemente informativo, e chi consulta le pagine cerca di solito le notizie che lo possono interessare. Il “visitatore occasionale” dovrebbe essere indotto a fermarsi sulla pagina perché un’immagine o un titolo richiamano la sua attenzione.
Le piattaforme social sono costruite per essere luoghi di interazione comunicativa, per favorire le relazioni interpersonali e le discussioni. Possiamo dire che il web favorisce una comunicazione “verticale”, da uno a molti, mentre i social sono per loro natura “orizzontali”, con una comunicazione molti a molti.
Le differenze nel modello comunicativo dovrebbero essere tenute presenti: una pagina web non è una chat, un profilo Facebook ha meccanismi comunicativi diversi da Instagram o da Youtube. Spesso si usano le chat come se fossero blog, ma in chat le discussioni si intrecciano tra argomenti diversi, pochi leggono i messaggi che precedono l’ultimo e saluti e auguri interrompono il fluire dei discorsi. Alcune piattaforme social andrebbero evitate, perché poco affidabili o con modelli comunicativi poco adatti. Purtroppo, la scelta spesso è condizionata dalle simpatie, o antipatie personali, o dalla necessità di essere presenti in luoghi comunque “di tendenza”, frequentati in particolare dai giovani a cui ci si vuole rivolgere.
È opportuno ricordare che una informazione diventa più visibile se trasmessa su più canali diversi. Una piattaforma di pubblicazione che favorisca la diffusione della stessa notizia tra sito e social è certamente preferibile, per ottenere una sinergia comunicativa in modo facilitato.
Come stare in rete
Quando una comunità parrocchiale si presenta sulla rete, la comunicazione non è più soltanto individuale, ma coinvolge l’immagine istituzionale della comunità e perfino della Chiesa stessa. Il linguaggio e il contenuto dovrebbero sempre tenerne conto.
Anche nell’ambito della rete andrebbe valorizzato uno stile “sinodale”, un lavoro di equipe che permetta in confronto tra le diverse realtà presenti in parrocchia, curi la qualità dell’informazione, la mantenga costantemente aggiornata e curi un monitoraggio continuo dell’efficacia comunicativa, mediante la verifica del numero e della durata dei contatti e sollecitando un riscontro da parte dei visitatori.
La rete non costruisce la comunità, ma ne rappresenta un’estensione comunicativa. La comunicazione sul web o sui social non può sostituire la vita di una comunità parrocchiale, né si può pensare che la “community” sostituisca l’incontro personale. La comunicazione nella rete è efficace se si alimenta della conoscenza personale e della condivisione di attività svolte di persona, nella realtà fisica.
Tuttavia, la rete può contribuire a mantenere un contatto tra le persone durante la settimana, rendere presente e visibile, sia pure a distanza, la comunità fatta di persone. In qualche caso può anche diventare il luogo di una riunione, ma solo se particolari situazioni logistiche la renderebbero altrimenti impossibile da realizzare. Lo scopo della presenza in rete deve essere normalmente quello di rinviare alla presenza di persona, nella Chiesa o nei locali della Parrocchia.
A cura di Andrea Tomasi
Docente di Informatica per le Scienze Umane presso Dipartimento di Culture e Forme del Sapere – Università di Pisa e Membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione Web Cattolici Italiani
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