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Tecnologia, fede e scelte quotidiane: la bussola digitale di Papa Leone XIV ai giovani americani

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23 Novembre 2025
Tecnologia, fede e scelte quotidiane: la bussola digitale di Papa Leone XIV ai giovani americani

Un collegamento video da Roma a Indianapolis, 16 mila giovani riuniti, e un messaggio che guarda dritto al cuore della generazione connessa. Parte da qui l’intervento di Papa Leone XIV alla National Catholic Youth Conference, dove il Pontefice ha intrecciato fiducia, realismo e avvertimenti sul modo in cui le nuove tecnologie modellano la vita spirituale.

«Sono molto felice di essere con voi attraverso questa connessione digitale», ha detto all’inizio. Un riconoscimento del valore degli strumenti che rendono possibile un incontro globale. Ma subito dopo la bussola si sposta: la tecnologia è preziosa, non definitiva. «La tecnologia può davvero aiutarci in molti modi, anche a vivere la nostra fede cristiana… ma non potrà mai sostituire le relazioni reali». Il Papa ricorda che un sorriso, una stretta di mano, una presenza sono dimensioni umane che “nessuno schermo” può replicare.

Il tema ritorna con forza quando un giovane chiede come bilanciare smartphone, tablet e laptop con la vita di fede. Leone XIV non demonizza nulla, anzi riconosce gli strumenti digitali come spazi per pregare, leggere la Bibbia, incontrare persone lontane, perfino evangelizzare. Ma invita alla disciplina: «Siate intenzionali con il vostro screen time. Assicuratevi che la tecnologia serva la vostra vita e non il contrario». L’esempio è quello di Carlo Acutis, che metteva le sue competenze informatiche “al servizio degli altri” senza perdere le priorità.

Lo sguardo si allarga poi sull’intelligenza artificiale. A Micah, giovane dalle Hawaii, il Papa risponde con un doppio movimento: riconoscere i rischi e puntare sulla responsabilità personale. «L’IA sta diventando una delle caratteristiche decisive del nostro tempo», osserva. Ma nessun filtro o regolamento potrà sostituire la coscienza di chi la usa. L’intelligenza artificiale, avverte, «può processare informazioni velocemente, ma non può offrire saggezza» né «giudicare ciò che è giusto o sbagliato». E soprattutto non può sostituire «il dono unico che siete per il mondo».

La preoccupazione è chiara: evitare che gli strumenti – potenti, pervasivi, affascinanti – finiscano per ostacolare la crescita umana. «Usate l’IA in modo che, se domani scomparisse, sapreste comunque pensare, creare, agire da soli, formare amicizie autentiche». È una forma di alfabetizzazione digitale che diventa anche alfabetizzazione spirituale: rendere la tecnologia una compagna di viaggio, non una stampella.

Non manca un riferimento indiretto alle distrazioni generate dai device, sempre più intrecciate anche ai momenti di preghiera. «Dipende dalla distrazione», risponde con semplicità. «A volte la cosa migliore è seguirla per un momento, capire perché è lì, poi lasciarla andare». Una pedagogia dell’attenzione che riconosce i limiti dell’umano senza colpevolizzarlo.

Nel finale, l’orizzonte si fa ampio: crescere, discernere, custodire la libertà interiore, non ridurre la fede a una battaglia identitaria. «La Chiesa non appartiene a nessun partito politico», ricorda, invitando a non soffocare il Vangelo dentro categorie semplificate, spesso accentuate proprio dalle logiche polarizzanti dei social.

Ai giovani consegna un mandato limpido: non aspettare domani, non delegare ad altri. «Voi non siete solo il futuro della Chiesa, siete il presente». Un presente che vive online e offline, tra schermi e incontri, tra algoritmi potenti e fragilità quotidiane. E che ha bisogno, più che mai, di una grammatica del digitale capace di custodire la dignità, le relazioni e la libertà interiore.

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