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La comunicazione digitale non è più una frontiera da esplorare, ma un ambito concreto e quotidiano dell’esperienza ecclesiale. Lo documenta il numero 266 (marzo-aprile 2025) della rivista Credere Oggi, intitolato «SocialMente. Chiesa nella rete?». Un interrogativo che non cerca risposte definitive, ma che invita a un confronto ampio e articolato tra teologia, pastorale, media e cultura.
Il fascicolo raccoglie interventi di teologi, esperti di comunicazione, operatori pastorali, giornalisti e studiosi, organizzati in tre sezioni: “Orientamenti”, “Ricerche” e “Percorsi”.
Tra evangelizzazione e testimonianza digitale
Il cuore del numero è l’analisi della trasformazione in atto: non si tratta più di “usare” i media, ma di “abitare” la rete, riconoscendola come «ambiente di vita» e non solo come strumento. Lo sottolinea ad esempio Patrizia Morgante, nel saggio Come abitare gli spazi social?, scrivendo che «la rete è uno spazio in cui le persone entrano con il loro carico di vita, ferite, sogni, e dove le parole possono curare o ferire».
Morgante invita a una presenza ecclesiale più consapevole, lontana da logiche promozionali o difensive: «Non si tratta di “stare” in rete per lanciare slogan religiosi, ma di esserci per dialogare, per accompagnare, per tessere relazioni» (ibidem).
La disinformazione come sfida pastorale
A offrire un punto di vista più strutturale è Michele Sorice, con il contributo L’ordine della disinformazione. Qui si legge: «Non siamo semplicemente dentro un’epoca di fake news: siamo in un ecosistema della disinformazione strutturale, dove i criteri di verità sono spesso scavalcati da quelli di visibilità e impatto emotivo». In questo quadro, la Chiesa è chiamata a proporre uno stile comunicativo alternativo, «più vicino all’etica della testimonianza che non a quella della propaganda» (ibidem).
Chi evangelizza in digitale?
Uno dei contributi più ricchi di riferimenti concreti è quello di Guido Mocellin, Chiesa: chi opera digitalmente? Una rassegna (pp. 109-123). L’autore, noto per la sua lunga attività di osservatore della comunicazione ecclesiale, distingue tra pagine istituzionali, progetti pastorali e iniziative individuali.
Nel paragrafo dedicato all’Associazione WebCattolici Italiani (WeCa), Mocellin scrive:
«La Conferenza episcopale (CEI) ha indirizzato prevalentemente alla formazione dei responsabili di queste pagine istituzionali, specie di quelle parrocchiali, l’“Associazione webcattolici italiani” (WeCa), costituita nel 2003».
Il riferimento a WeCa si colloca in un contesto più ampio in cui Mocellin identifica diverse forme di “missionarietà digitale”, a partire da una definizione importante:
«Con l’espressione “missionari digitali” si intendono quei soggetti che usano gli strumenti digitali a servizio dell’evangelizzazione, [e] considerano la stessa internet un luogo da evangelizzare».
Tra le realtà citate nel contributo, oltre a WeCa, compaiono anche esperienze come i “Digital Continent” di don Luca Peyron, la pagina La fede quotidiana, i podcast di preghiera come We Pray e Breviarium, e le attività digitali dei frati cappuccini di Assisi.
Voci e sguardi trasversali
Completano il fascicolo altri contributi rilevanti:
– Simona Borello, Comunicazione social: come abitarla?, evidenzia la necessità di un nuovo stile pastorale capace di «ascoltare i linguaggi digitali e non solo giudicarli da fuori»;
– Alessandro Zaccuri, Come comunichiamo?, riflette sulla narrazione come forma di testimonianza, ricordando che «le storie sono ponti: permettono di attraversare distanze anche quando non si condividono le stesse convinzioni»;
– Roberto Massaro, in Un Dio in rete, mette in luce la necessità di «un’antropologia relazionale anche nella teologia della comunicazione».
Un numero da non perdere
Il numero di marzo-aprile 2025 di Credere Oggi offre uno strumento prezioso per chi opera nella pastorale, nella catechesi, nella formazione ecclesiale e nella comunicazione. Ma soprattutto invita a ripensare in profondità il senso della presenza cristiana nella rete: non più da difendere, ma da incarnare.
Come si legge nel sommario introduttivo, si tratta di «interrogarsi su quali siano i criteri per una presenza ecclesiale credibile, umana e profetica negli ambienti digitali». Una sfida che coinvolge tutti. Anche noi.
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